Maternità e lavoro – Intervista a Adele Mapelli
di Sandra Di Vito
I cambiamenti neurofisiologici che avvengono nella vita della donna grazie alla maternità consolidano la sua identità e amplificano la sua innata predisposizione all’accoglienza, all’ascolto empatico, alla cura, al lavoro multitasking, alla comunicazione e al senso critico, creando valore nell’ambito familiare, sociale e professionale.
Le mamme sono un prezioso capitale umano e sociale, un valore economico ancora non del tutto riconosciuto; la loro visione è sempre più necessaria e richiesta per cambiare in meglio il mondo del lavoro e i contesti organizzativi.
Adele Mapelli, consultant di Wise Growth, ha condotto una ricerca sulla flessibilità spazio temporale, strumento fondamentale per favorire la vita lavorativa delle donne. Avendo appena partecipato quale relatrice all’incontro la ‘Luce oltre la culla’, a ‘Il Tempo delle donne’, festival della Triennale di Milano, Valore Mamma ha voluto porLe alcune domande per mantenere viva l’attenzione su tematiche di grande attualità e importanza per la società tutta.
Dott.ssa Mapelli, purtroppo ancora oggi la maternità genera esclusione dal mondo del lavoro; quali le misure da adottare nel mondo organizzativo per sostenere le madri e valorizzarle nel loro ruolo di lavoratrici?
In molte aziende, la maternità è ancora vista come un costo ed un momento di fatica, e spesso proprio questa convinzione porta ad escludere le donne dai percorsi di sviluppo di carriera o addirittura dal mercato del lavoro. Non solo: molti studi e ricerche affermano che la maternità produce forti stereotipi sulle donne, considerate potenzialmente ‘mamme’ – almeno in una certa fascia di età del ciclo di vita professionale – e questi stereotipi tendono a far modificare il comportamento dei capi e dei colleghi nei loro confronti e a rendere effettivamente problematico il rapporto tra le madri lavoratrici ed il mondo del lavoro.
Per poter gestire efficacemente la maternità, credo che siano due gli elementi basilari: il primo è la programmazione dell’assenza da parte della madre lavoratrice e dell’azienda. La pianificazione infatti è una garanzia del ritorno della dipendente sul posto di lavoro: le donne che pianificano il ritorno al lavoro con largo anticipo e in modo approfondito, generalmente tornano in azienda nei tempi prestabiliti. E con una buona pianificazione le pressioni finanziarie ed emotive possono essere ridotte perché previste e quindi gestite adeguatamente.
Il secondo fondamentale elemento è l’approccio (organizzativo ma anche mentale) con cui viene gestita la maternità da parte delle aziende: gestire la maternità significa infatti implementare un processo che prevede fasi distinte, che devono essere integrate e armonizzate tra loro e, più in generale con le pratiche organizzative e lo stile e la cultura aziendale. Non è quindi sufficiente offrire il part time alla donna che rientra dal congedo o realizzare l’asilo nido aziendale: il tema è più complesso e richiede una progettualità su tutto il periodo pre-durante-post congedo e un cambiamento culturale da parte del management. Nella maggioranza dei casi, invece, i servizi messi in campo dalle aziende tendono a coprire solo un periodo ben preciso o solo uno specifico bisogno; raramente esistono policy aziendali strutturate sul tema, né viene messo in pratica dall’azienda un lavoro volto a riplasmare la cultura aziendale. Credo che una misura una tantum sia inadeguata: occorre un’attenzione e una disponibilità costante da parte dell’azienda e dei suo attori per rendere la maternità non un problema, ma un evento che, se ben gestito, può entrare a far parte in modo naturale della vita aziendale.
La conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare è solo una questione femminile o comincia ad essere considerata una necessità anche maschile?
In Italia si fa ancora fatica a parlare di genitorialità: forse l’introduzione di un periodo di congedo obbligatorio potrebbe essere l’occasione per allargare il tema anche ai papà lavoratori. Si tratta sicuramente di un passo avanti per passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità e quindi passare dalla tutela delle donne, ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi, accantonando in un angolo l’idea tradizionale che la cura dei figli e le attività familiari siano compiti esclusivi della madre. Gli studi di stampo sociologico parlano di una nuova ‘categoria’ di padri, new dad o padri in post trasformazione che cercano di staccarsi dal modello dei propri genitori e sembrano disposti a mettere in discussione comportamenti, scelte e aspettative consolidate. Qualcosa dunque sta cambiando e far coincidere le politiche di work-life balance con la questione femminile è un modo per cristallizzare lo status quo.
La flessibilità è un valore aggiunto per le donne nel mondo del lavoro;come si stanno muovendo le aziende per riconoscerlo e renderlo parte integrante del sistema organizzativo?
Per affrontare in modo serio ed incisivo il tema della maternità, occorre inserirlo nel più ampio spettro di riflessioni che riguardano la flessibilità dell’organizzazione del lavoro; flessibilità che dovrebbe dare la possibilità ad ogni attore organizzativo (uomo o donna, sposato o single) di gestire in autonomia il proprio tempo di lavoro in base ad obiettivi condivisi, a processi di delega sostanziali. La sfida per le aziende è quella di lavorare nell’ottica di un modello di conciliazione che non rischi di essere sinonimo di emarginazione, ma che sia invece un’opportunità di equilibrio tra esigenze legate al cambiamento e all’innovazione organizzativa ed esigenze individuali di donne e uomini, a partire da una riorganizzazione complessiva che, destrutturando tempi e luoghi di erogazione della prestazione lavorativa, destrutturi anche la cultura della presenza a favore della cultura della responsabilizzazione. La sfida è quella di passare ad un sistema di gestione delle persone meno orientato al controllo ed alla presenza e più al merito. Lo smart working o lavoro agile è una modalità su cu oggi sempre più aziende si stanno sperimentando.
La maternità è “ un tema decisivo per il destino stesso della società e per la qualità della nostra vita”: ha aperto così i lavori della manifestazione ‘Il tempo delle donne’ il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha voluto sottolineare come “ Farsi carico della maternità sia un dovere di tutti, non soltanto delle madri, al quale nessuno di noi può sottrarsi.”
E’ pronta la nostra società per accogliere e riconoscere la maternità come risorsa, per uno sviluppo e un cambiamento in favore del bene comune?
Credo che il focus cruciale non sia chiedersi se la società sia o meno pronta. Credo infatti che non ci sia altra possibilità di scelta se non quella di attrezzarsi per poter diventare accoglienti rispetto ad un tema che è assolutamente prioritario per la sopravvivenza stessa della società. Sicuramente ci sono molti passi ancora da compiere ma ne va del benessere di tutti.